L’intimazione di pagamento è un atto amministrativo con il quale l’Agenzia delle Entrate-Riscossione intima al contribuente il pagamento di un debito tributario. L’intimazione di pagamento è impugnabile innanzi al giudice tributario entro 60 giorni dalla notifica.
Ecco 5 punti per capire quando è possibile impugnare l’intimazione di pagamento:
- L’intimazione di pagamento è impugnabile se è stata notificata in violazione delle norme tributarie. Ad esempio, l’intimazione di pagamento è impugnabile se è stata notificata a un soggetto diverso dal contribuente, o se è stata notificata dopo la scadenza del termine di prescrizione.
- L’intimazione di pagamento è impugnabile se non è motivata in modo adeguato. L’intimazione di pagamento deve indicare l’atto impositivo (ad esempio, un avviso di accertamento o una comunicazione di irregolarità) che ha dato origine al debito, l’importo del debito, comprensivo di sanzioni e interessi, le modalità di pagamento del debito e il termine di pagamento.
- L’intimazione di pagamento è impugnabile se il debito è stato calcolato in modo errato. Ad esempio, l’intimazione di pagamento è impugnabile se le sanzioni sono state irrogate in modo eccessivo, o se gli interessi sono stati calcolati in modo errato.
- L’intimazione di pagamento è impugnabile se il debito non è dovuto. Ad esempio, l’intimazione di pagamento è impugnabile se il contribuente ha già pagato il debito, o se il debito è stato prescritto.
- Il ricorso contro l’intimazione di pagamento deve essere presentato al giudice tributario entro 60 giorni dalla notifica.
In caso di notifica di una cartella di pagamento, è importante verificare la sua correttezza e, se necessario, impugnarla innanzi al giudice tributario.